COS’É?

La “tendinopatia” è una condizione, come suggerito dal termine, che coinvolge i tendini del corpo, ovvero la parte terminale di muscolo che si va ad ancorare alle superfici ossee. In particolare, la TENDINOPATIA ACHILLEA colpisce il tendine d’Achille, ovvero la porzione terminale dei muscoli del tricipite surale che si inseriscono sull’osso Calcagno (tallone).

Dal punto di visto anatomico il tricipite surale (o della Sura) è costituito da:

  • Gastrocnemi (o Gemelli) mediale e laterale
  • Soleo, più in profondità rispetto ai gastrocnemi

In generale la Tendinopatia è una patologia legata al carico, soprattutto ai sovraccarichi ma può essere intercettata anche nelle persone più sedentarie o poco attive, in cui si verifica una importante riduzione di carico.

La tendinopatia Achillea colpisce prevalentemente i runners amatoriali (7-9% in questa tipologia di popolazione) e può essere suddivisa in due sottocategorie:

  • Tendinopatia Achillea Inserzionale: i sintomi sono presenti nei 2 cm prossimali all’inserzione del tendine d’Achille sul calcagno
  • Tendinopatia Achillea Midportion (o della porzione mediale): i sintomi sono presenti tra i 2 e i 6 cm prossimali all’inserzione del tendine

Questa seconda tipologia sembra essere la più comune con un’incidenza tre volte superiore alla Tendinopatia Inserzionale.

Vi è un’ulteriore suddivisione basata esclusivamente sul criterio temporale che la distingue in ACUTA (meno di 3 mesi dall’insorgenza dei sintomi) o CRONICA (3 mesi o più dall’insorgenza dei sintomi).

FATTORI DI RISCHIO

I fattori di rischio riguardanti la Tendinopatia Achillea possono essere distinti in:

Fattori di rischio modificabili sono:

  • Obesità e dislipidemia (fattori di rischio per le tendinopatie in generale e quindi anche per quella Achillea)
  • Ridotta forza dei flessori plantari
  • Ridotta mobilità della caviglia e delle articolazioni intrinseche del piede
  • Utilizzo moderato di Alcool

Fattori di rischio non modificabili sono:

  • Precedenti tendinopatie o fratture dell’arto inferiore
  • Patologie sistemiche (metaboliche e reumatiche) come diabete di tipo II
  • Età (dopo i 30 anni negli uomini)
  • Genere, con prevalenza negli uomini tra i 20 e i 50 anni; nelle donne di età superiore ai 50 anni (dopo la menopausa per calo di estrogeni)

SINTOMI

I sintomi principali sono:

  • Dolore alla palpazione del tendine, dolore durante lo sforzo ma soprattutto nelle ore successive all’attività svolta;
  • Gonfiore, calore e rossore (nei casi di maggior reattività della patologia);
  • Rigidità e dolore al mattino o in generale dopo essere stati per molto tempo nella stessa posizione (tante ore al PC per esempio).

CAUSE

L’insorgenza della patologia è tipicamente progressiva con alterazione del tessuto tendineo. Le cause che possono portare all’instaurarsi della patologia sono principalmente tre:

  1. IL SOVRACCARICO, con un carico eccessivo che genera sofferenza senza lasciare spazio a adeguati tempi di recupero
  2. LO SCARICO COMPLETO, il tendine si adatta al carico e quando questo è molto ridotto, di conseguenza, si abbasserà la sua capacità di rispondere agli stress quotidiani
  3. FATTORI DI RISCHIO INTERNI ED ESTERNI AL PAZIENTE che si associano a quelli modificabili e non modificabili visti nel paragrafo precedente. I fattori esterni al paziente sono legati ai carichi e più facilmente modificabili, quelli interni tendono ad influenzare il mantenimento del dolore e la comparsa della tendinopatia.

TRATTAMENTO

Gli obiettivi del trattamento sono:

  • Riduzione del dolore
  • Miglioramento della forza muscolare generale e funzionalità dell’arto inferiore
  • Promuovere il rimodellamento tissutale

Tutto ciò può essere ottenuto tramite un approccio basato su Educazione, esercizio terapeutico e terapie aggiuntive.

Riguardo l’educazione del paziente è necessario considerare la modifica dell’attività e gestione del carico (soprattutto nei pazienti sportivi) ma evitare il riposo assoluto, prediligendo un trattamento attivo basato sull’esercizio terapeutico e le preferenze del paziente. Il Fisioterapista sarà in grado di modellare al meglio l’esercizio sulla base della persona che richiede aiuto nel risolvere la sua problematica.

Infine, è necessario sottolineare il ruolo, seppur di minore importanza, delle terapie aggiuntive:

  • Terapia manuale (mobilizzazioni e manipolazioni passive e assistite)
  • Onde d’urto, molto efficaci se abbinate all’esercizio. Il loro utilizzo è consigliato solo dopo tre mesi di trattamento con risultati non soddisfacenti
  • Mezzi fisici (Tecarterapia, Laserterapia ad alta potenza, etc…), utili per la gestione del dolore soprattutto nella fase acuta soprattutto quando abbinati ad altri trattamenti (educazione ed esercizio terapeutico).