Fra le terapie strumentali maggiormente utilizzate e più efficaci, troviamo le onde d’urto.
Queste ultime sono una TERAPIA NON INVASIVA che ne permette un uso trasversale per affrontare varie patologie. Sono denominate onde d’urto, per la loro natura di onde acustiche ad alta energia, emesse da generatori elettromagnetici come impulsi ad elevata intensità e breve durata, veicolate all’interno del corpo umano che si concentrano con precisione sulla parte su cui si deve agire.
Non si deve fare confusione fra onde d’urto e ultrasuoni, anch’essi usati come terapia fisica o, più frequentemente, per diagnosi in ecografia. Le onde d’urto hanno una differente morfologia d’onda e hanno energie molto superiori. Ogni onda d’urto comporta un forte incremento pressorio (pressione positiva), seguito da una fase di ritorno alla pressione atmosferica (pressione negativa). Ciò da origine all’instaurarsi di fenomeni di cavitazione con creazione di microbolle. Quest’ultime potrebbero causare danni tissutali agli organi all’interno dei quali c’è aria (polmoni, visceri addominali ecc.ecc.). In tal senso si sconsiglia il ricorso alle onde d’urto su questa tipologia di target.
Fra la sorgente delle onde d’urto e il punto su cui si interviene c’è un’interfaccia liquida che ha il fine di trasmettere l’onda d’urto e, allo stesso tempo, focalizzare con esattezza il bersaglio su cui agire.
Le onde d’urto hanno la capacità di arrivare ad una profondità variabile tra 0 e 60 millimetri. È possibile effettuare una regolazione della macchina, affinché si trasmetta la quantità di energia voluta alla profondità desiderata, in base ai risultati terapeutici che si vogliono ottenere.
L’onda d’urto genera una “esplosione” controllata che crea una pulsazione sonora.
Nel passare attraverso i tessuti, essa ha diversi mutamenti fisici che incrementano la sua energia e provocano gli effetti biologici voluti nel tratto corporeo su cui intervenire. Nel tessuto osseo, a seguito dei microtraumi indotti dal diffondersi dell’onda d’urto, con aumento del flusso ematico per neoformazione riparativa di capillare, è stimolata una risposta tipo osteogenico con formazione di nuova matrice ossea e conseguente consolidamento della frattura. Nei tessuti molli si hanno variazioni sul circolo capillare dovuti ad una vasodilatazione ed una neoangiogenesi con nascita di nuovi vasi, da cui dipende un effetto di “lavaggio” responsabile dell’allontanamento di fattori infiammatori e del ripristino di un microambiente ottimale in diverse patologie flogistiche.
Questa terapia strumentale è stata introdotta negli anni ’70 e utilizzata nella litrotrissia, il trattamento dei calcoli urinari con lo scopo di generare dei microtraumi capaci di velocizzare i processi biologici di rigenerazione corporea, favorendo la vascolarizzazione sanguigna e il ricambio cellulare. Il suo approdo nell’ambito ortopedico e fisioterapico è avvenuto negli anni ’90 per il trattamento di diverse patologie:
- PSEUDOARTROSI
- CALCIFICAZIONI TENDINEE e PERIARTICOLARI.
Negli ultimi anni, inoltre, attraverso i progressi della tecnologia, l’utilizzo delle onde d’urto si è ampliato ad uno spettro sempre più grande di patologie dell’apparato muscolo – scheletrico con esiti di rilievo in particolare nelle:
- TENDINITI
- FIBROSI
- CONTRATTURE MUSCOLARI.
Gli effetti
Gli effetti di questa terapia sono di tipo meccanico e si può procedere ad una differenziazione in effetti di tipo diretto e indiretto.
L’effetto diretto sul tessuto della zona bersaglio è cagionato dalla trasformazione delle onde d’urto in energia cinetica, che, passando attraverso le varie densità corporee (osso – muscolo – grasso), danno vita ad un’ulteriore reazione di riflessione e di trasmissione, responsabile della frammentazione delle calcificazioni e del riassorbimento delle strutture disintegrate.
L’effetto indiretto concerne la conseguenza del passaggio dell’onda pressoria ed è definito come fenomeno della cavitazione. Può essere descritto come la formazione di microscopiche bolle di gas che, all’arrivare della successiva onda pressoria, sono colpite ed implodono, andando oltre alle resistenze elastiche del tessuto circostante, andando a favorire una maggiore e profusa vascolarizzazione.
Gli effetti, fino ad ora descritti, sono dunque alla base di differenti esiti biologici che si generano dall’utilizzo delle onde d’urto che hanno la doppia funzione di intervenire sia sui sintomi che sui meccanismi che hanno la responsabilità della patologia.
Tra questi i più rilevanti sono:
- Azione osteoinduttiva; fa da stimolo all’azione osteoblastica e alla produzione di collagene, utile nei casi di pseudoartrosi e/o nei ritardi di consolidazione ossea.
- Azione iperemica: permette di ridurre le tensioni muscolari consentendo una più veloce risoluzione delle contratture muscolari.
- Effetto angiogenetico: causa due reazioni. La prima, precoce e transitoria, è legata all’apertura degli sfinteri capillari, anche detto effetto “wash out”, che rende più rapida l’eliminazione dei cataboliti e incrementa l’ossigenazione; la seconda tardiva e stabile, si presenza con una maggiore capillarizzazione locale.
- Effetto analgesico: è promosso da una modificazione indotta dell’eccitabilità della membrana cellulare, che impedisce la creazione di potenziali d’azione e la percezione dello stimolo algico. Altresì, viene indotto un massivo rilascio di endorfine, che consente di far decrescere la sensibilità locale al dolore.
- Effetto antinfiammatorio: è generato da una riduzione della concentrazione della sostanza P e delle molecole di istamina, presenti nel focolaio flogistico, che sono coinvolte nella generazione sia dello stimolo dolorifico che nell’organizzazione dell’edema peri-lesionale.
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