Sei un runner e ti sei infortunato alla coscia oppure al ginocchio!? Sei nel posto giusto.
Presso il nostro centro di fisioterapia e osteopatia trattiamo le principali patologie legate a questa parte del corpo. Leggendo questo articolo potrai rintracciare la situazione che ti interessa e venirci a trovare in Via Alessio Baldovinetti 26 (Roma – zona EUR).
La sindrome degli ischiocrurali
È una problematica molto comune nei runners, che inizia in maniera insidiosa con un dolore che parte dall’ischio o nella porzione posteriore della coscia mentre si corre e poi si ripropone costantemente quando ci si siede in auto oppure a lavoro. Talvolta compare in maniera acuta con una lesione dei muscoli flessori.
Di norma si pensa che la problematica sia legata alla schiena, ma spesso tale dolore non ha la sua origine dalla colonna vertebrale, ma a livello dell’inserzione dei tendini dei muscoli posteriori della coscia (muscoli ischiocrurali) sulla parte inferiore del bacino. In alcuni casi il runner si trova a fare i conti nello stesso momento con la lombalgia e la lombosciatalgia.
Gli isciocrurali (bicipite femorale, semitendinoso, semimembranoso) mettono in collegamento il bacino alla gamba e sono muscoli fondamentali nel running, in quanto da loro dipende la flessione del ginocchio. All’altezza del bacino si innestano con unico tendine congiunto.
Generalmente questo è già di discrete dimensioni, ma dopo anni di corsa può degenerare (tendinosi) e diventare rigido, ancora più grande e fibrotico, ossia con depositi di tessuto connettivo che lo rendono meno elastico. In vari casi alla palpazione si riscontra un tendine decisamente ingrossato rispetto al controlaterale e teso quasi come una corda di violino.
La problematica si presenta quando si corre nell’estensione della coscia. Le criticità aumentano nello stretching, nei movimenti rapidi e nel passaggio degli ostacoli. La pressione diretta sull’inserzione del tendine alla base bacino (tuberosità ischiatica) è solitamente molto dolorosa.
Nei casi più gravi è impossibile restare seduti a lungo. Solitamente all’origine del problema ci sono reiterate lesioni del muscolo, spesso non trattate adeguatamente. Proseguire a fare running sul dolore è molto rischioso, in quanto si rischia facilmente una ricaduta.
Il dolore si percepisce anche da seduti, quando il tendine va a fare compressione sul vicino nervo sciatico. A causa dei tendini ingrossati e tesi, quest’ultimo può essere intrappolato, compresso ed essere oggetto di trazioni. Per questa ragione si parla di “falsa sciatica”, in quanto similmente a quanto succede nella sciatica vera, il dolore dal bacino si propaga posteriormente fino a metà coscia.
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Le cause sono molteplici.
Le contrazioni eccentriche della corsa di resistenza provocano forti sollecitazioni sui tendini dei flessori e gli allenamenti che maggiormente agevolano il presentarsi della sindrome degli ischiocrurali sono la corsa collinare, in particolare nei tratti in discesa, e i lavori di qualità intervallati, in quanto generano continui microtraumi sul tendine.
L’infortunio è favorito anche dagli esiti fibrotici di antecedenti lesioni muscolari capitate nel punto di passaggio tram muscolo e tendine, perché la presenza di depositi di tessuto connettivo fa diminuire l’elasticità di questa delicata zona predisponendola a nuove rotture.
In qualche situazione, quando nella lesione del muscolo c’è il distacco e la retrazione delle fibre muscolari della fascia che riveste il muscolo o dal tendine, si ha la formazione di aderenze fibrotiche che vanno ad intrappolare il vicino nervo sciatico. Gli studiosi affermano come più del 30% dei corridori che hanno un primo forte infortunio ai muscoli ischiocrurali, ne subisce uno nuovo entro un anno. Inoltre, anche il fatto di essere un runner che corre perlopiù lentamente e che non esegue mai stretching dei flessori fa aumentare la possibilità di incappare nella sindrome degli ischiocrurali.
La diagnosi di questa problematica talvolta non è agevole, soprattutto se il runner soffre anche di lombalgia. L’ecografia e la risonanza magnetica nucleare o la tomografia computerizzata del carrefour ischiatico sono esami diagnostici radiologici indicati per inquadrare l’infortunio.
Qualora fossero presenti problematiche di schiena, va analizzata anche la colonna vertebrale per vagliare la presenza di una sciatalgia di natura vertebrale. Occorre sempre considerare anche la possibile responsabilità del muscolo piriforme, ma in questa evenienza il dolore non si diffonde lungo la coscia, bensì è concentrato sul muscolo stesso, nella natica, al di sotto dei glutei.
La sindrome degli ischiocrurali si cura con una terapia essenzialmente conservativa che prevede il massaggio trasverso profondo manuale e la fibrolisi diacutanea, una tecnica dolorosa ma efficace, che si concretizza nella rottura manuale delle fibrosità attraverso piccoli uncini e che va svolta da mani esperte per la vicinanza del nervo sciatico.
Queste due terapie devono vanno associate ad un lavoro quotidiano di stretching dei muscoli flessori, attivo e passivo. A tal proposito va sottolineato che i corridori che svolgono regolarmente questi esercizi, raramente si trovano nelle condizioni di dover affrontare questa problematica.
La terapia fisica locale con laser ad alta potenza, ipertermia e onde d’urto non garantisce sempre la risoluzione del problema. Nel momento in cui le terapie conservative non sortiscono i risultati sperati, si può ricorrere all’intervento chirurgico.
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Sindrome del Piriforme
Il muscolo piriforme è localizzato in profondità nel gluteo. È decisamente nascosto, al punto che la maggior parte dei runners non ne conoscono l’esistenza. In caso di allenamento faticoso e poco stretching, il piriforme può essere soggetto ad irrigidimento al punto tale da limitare il movimento della gamba.
La Sindrome del Piriforme si presenta quando la muscolatura piriforme, posizionata nella cavità pelvica, svolge una pressione sul nervo sciatico, responsabile della funzione motoria e sensoriale delle gambe, provocando un dolore nella parte lombare irradiato alla gamba. Per intervenire sulla Sindrome del Piriforme è importante diminuire il chilometraggio, fare più cross-training, applicare del ghiaccio sulla parte dolorante, eseguire esercizi di stretching per i muscoli posteriori della coscia, per i muscoli piriformi e di core stability con l’ausilio della palla di gomma. È consigliata anche una terapia di massaggi profondi.
La maggioranza della problematiche alla parte alta delle gambe dei runners sono causati da una carenza di forza e di flessibilità, legata il più delle volte ad un allenamento troppo impegnativo e non idoneamente organizzato, o altrimenti a variazioni poco opportune dello stesso. In tal senso è indicato allenare i quadricipiti, i muscoli posteriori della coscia e i glutei.
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Dolore al ginocchio – può essere la “zampa d’oca”
In caso di dolore intenso nella parte interna del ginocchio si pensa generalmente ad una problematica del menisco, ma non è sempre detto sia così. Infatti, sulla zona interna della tibia, immediatamente al di sotto dell’emirima articolare mediale, c’è l’inserzione di un insieme di tendini denominato zampa d’oca.
Questa dicitura è riconducibile allo specifico aspetto anatomico: è, infatti, un’inserzione tendinea comune a 3 muscoli (il gracile, il sartorio e il semitendinoso) che riporta alla mente l’espetto del “piedino” del noto volatile. Il complesso anatomico è altresì completato da una borsa che lo separa dal sottostante piano osseo.
Il dolore in questa zona può essere causato da una postura sbagliata, con particolare riferimento al bacino. In questo caso una parte del lavoro eseguita dal vasto mediale è trasferita, durante la deambulazione, alla muscolatura della zampa d’oca. Il conseguente sovraccarico di lavoro di questi muscoli può causare un’infiammazione, per eccesso di attrito, dell’inserzione tendinea comune e della borsa sierosa sottostante (borsite).
Questa patologia si riscontra col sovraccarico funzionale del giovane atleta, ma è ancora più ricorrente nell’anziano che soffre di artrosi del ginocchio o dell’anca.
Il dolore si localizza sotto la rima articolare sulla faccia antero – mediale della tibia. Inizialmente può venire fuori mentre si svolge attività fisica o può essere causato dalla pressione diretta. Talvolta il dolore si presenta in maniera acuta dopo che il paziente è rimasto fermo a lungo, come quando ci si alza dalla sedia dopo un periodo di riposo. Sovente si presenta anche durante il riposo notturno. Di rado si presenta con gonfiore in corrispondenza della zampa d’oca. Qualora la zoppia si cronicizzasse, la zoppia è la conseguenza del perdurare del dolore durante la deambulazione.
La diagnosi avviene attraverso un esame ecografico, abbastanza particolareggiato da mostrare sia le specificità delle lesioni bursali che tendinee. Dal momento che la borsite della zampa d’oca si accompagna spesso con affezioni intra – articolari, si associa spesso all’ecografia esami come RX sottocarico del ginocchio con lo scopo di documentare e in seguito curare le patologie evidenziate poc’anzi.
La terapia si basa sull’interruzione dell’attività fisica per qualche settimana in caso di sportivi o riposo per le persone artrosiche. Si consiglia di prendere farmaci antiinfiammatori per via orale e applicare sia una borsa del ghiaccio che un cerotto medico. A questo vanno aggiunte terapie fisiche come gli ultrasuoni, la laserterapia e la ionoforesi.
Qualora queste procedure non dessero i risultati sperati, si può fare ricorso a infiltrazioni con cortisonici (sconsigliato nei pazienti giovani) e con acido ialuronico con una cadenza settimanale sino alla scomparsa dei sintomi. Dopodiché la visita di controllo avviene dopo circa 30 giorni.
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Borsite del ginocchio
La borsite del ginocchio è un’infiammazione circoscritta e fluttuante dei cuscinetti sinoviali che formano parte di alcune articolazioni come quelle del ginocchio.
Le borse consistono in cuscinetti articolari ovvero la loro funzione è quella di non far urtare i diversi capi articolari e muscolo – tendinei. La borsite del ginocchio è posizionata all’altezza della rotula e in particolare anteriormente e distalmente o posteriormente a livello del cavo popliteo e in questo caso c’è dolore al ginocchio. La borsite del ginocchio è sovente denominata ginocchio della lavandaia in quanto l’infiammazione è legata spesso a movimenti reiterati come l’inginocchiamento.
Altri fattori di infiammazione possono essere traumi che provocano un’emorragia, che può addentrarsi nella borsa dando origine ad uno stato infiammatorio. Ciò avviene con relativa frequenza e si verifica per sfregamento tra la pelle e la rotula (borsite prerotulea) o per lo sfregamento tra la pelle e la regione superficiale del legamento rotuleo (borsite infrarotulea) a causa di sovraccarico o traumatismi.
I sintomi più evidenti sono il rigonfiamento sovrarotuleo, il calore locale e limitazione delle articolazioni. Altresì il movimento che peggiora è proprio l’inginocchiamento.
In caso di borsite del ginocchio, in particolare nella fase acuta, è indicato il riposo e l’applicazione locale di ghiaccio, crioterapia, riposo e compressione. Nella fase sub-acuta, invece, è fondamentale cominciare a curare l’infiammazione usando terapia fisica come: tecarterapia, laser Nd: Yag e ultrasuoni.
È consigliabile anche il linfodrenaggio manuale completo dell’arto inferiore con lo scopo di liberare tutte le parti affette da stesi. In seguito la fase riabilitativa consiste in esercizi di allungamento dei muscoli posteriori e anteriori, rinforzo isometrico, concentrico ed eccentrico degli arti inferiori. È importante anche la rieducazione funzionale talvolta trascurata dai pazienti.
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Sindrome di Hoffa
La sindrome di Hoffa, conosciuta anche come hoffite, si manifesta con un dolore al ginocchio nella parte anteriore. In questa zona il legamento rotuleo collega la rotula con la tibia e partecipa ai movimenti di flesso estensione del ginocchio stesso.
La rotula, in sede posteriore, si adagia su una sorta di cuscinetto di grasso, un tessuto adiposo chiamato appunto corpo di Hoffa. Tale struttura è importante per favorire uno scorrimento della rotula durante il movimento di flessione ed estensione del ginocchio.
In determinati casi, il dolore nella parte anteriore del ginocchio può essere legato non ad una infiammazione della rotula o del legamento rotuleo, ma proprio ad un’infiammazione dello stesso cuscinetto adiposo. Proprio per la vicinanza delle strutture fra di loro, i sintomi di irritazione del cuscinetto adiposo possono essere scambiate per la sindrome rotulea.
Solitamente il processo infiammatorio di questo cuscinetto adiposo è una conseguenza di un trauma contusivo compressivo; In genere questo evento meccanico comporta uno schiacciamento del cuscinetto di grasso tra il condilo femorale e la rotula. Il cuscinetto adiposo, irritato, si gonfia a causa del processo infiammatorio e si pone in attrito con le strutture vicine, la rotula appunto e il legamento rotuleo. In questo contesto si parla di sindrome di Hoffa.
Fattori biomeccanici, dunque, che possono predisporre una persona a questa condizione sono il recurvatum del ginocchio, una inclinazione pelvica anteriore o quadricipiti stretti.
I sintomi sono un dolore attorno alla parte inferiore e sotto la rotula; gonfiore intorno alla zona inferiore e sotto la rotula; dolore nella iperestensione del ginocchio.
Per intervenire in caso di sindrome di Hoffa è importante riposarsi dalla corsa, evitare balzi e posture con ginocchio piegato in maniera reiterata.
È anche consigliabile sottoporsi a crioterapia per alleviare il dolore e lo stato infiammatorio, assumere FANS, eseguire trattamenti fisioterapici come ionoforesi, tecarterapia e laserterapia, esercizi di rafforzamento muscolare. Può essere utile anche il taping per ridurre l’attrito delle strutture circostanti attorno al cuscinetto, in particolare quando si fa sport.
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Strappi e stiramenti del quadricipite
Il quadricipite è il muscolo più grande della parte anteriore della coscia e, come la denominazione può far dedurre, è formato da quattro capi: retto femorale, vasto mediale, vasto laterale, vasto intermedio.
Il quadricipite è composto perlopiù da fibre bianche, che permettono movimenti potenti ed esplosivi. Proprio in occasione di queste violente contrazioni, il quadricipite può lesionarsi vicino alla giunzione muscolotendinea. Si parla, in tal senso, di strappo muscolare. Quest’ultimo può portare alla rottura di un piccolo numero di fibre (strappo di primo grado) o coinvolgere una parte più importante della muscolatura (strappo di secondo grado) sino alla sua totale lacerazione (strappo muscolare di terzo grado). In altri casi la rottura delle fibre è provocata da un trauma che interessa il quadricipite quando si contrae.
In queste situazioni il muscolo è fortemente compresso contro l’osso sottostante e può andare incontro a lesioni. Uno strappo può interessare il quadricipite anche quando il muscolo viene allungato oltremodo. Generalmente in queste situazioni non si assiste ad una vera e propria rottura ma una semplice elongazione delle fibre muscolari che, nonostante superino il loro limite di sopportazione, si danneggiano ma non si lacerano.
In questi casi, siamo di fronte ad uno stiramento muscolare, una lesione di media gravità, legata ad uno squilibrio tra la forza del quadricipite e quella dei muscoli posteriori della coscia a vantaggio di questi ultimi.
I sintomi sono i seguenti: forte dolore al momento del trauma (aumenta in base alle fibre lesionate), spasmo muscolare, mobilità limitata (in presenza di uno stiramento o strappo muscolare di primo grado, il dolore è sopportabile e si può proseguire a fare attività sportiva; è comunque consigliabile arrestare l’attività sportiva), gonfiore ed ematoma esteso, percezione al tatto di uno “scalino” nella zona anteriore della coscia in prossimità della parte lesionata (in presenza di grave lesione).
In fase di trattamento e cura iniziale, lo scopo è l’immobilizzazione, l’applicazione di un impacco freddo per 15 – 20 minuti ogni due o tre ore e di un bendaggio compressivo per far diminuire l’emorragia e le sollecitazioni meccaniche sulla struttura danneggiata. Qualora il dolore fosse molto forte non avere problemi ad usare le stampelle. È importante evitare di contrarre o sforzare il muscolo oggetto di lesioni.
Il medico può segnare farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) come l’ibuprofene per lenire lo stato infiammatorio e il dolore. Qualora ci fosse una rottura totale e/o grossa emorragia può rendersi necessario il ricovero in ospedale per monitorare la situazione. In questi è sconsigliata l’assunzione di aspirina, a causa del suo potere antiaggregante piastrinico superiore a quello degli altri FANS. Qualora dopo 48 – 72 ore dal trauma il gonfiore si fosse attenuato, appariranno lividi e si avrà modo di notare un miglioramento delle capacità contrattili. A questo punto si potrà iniziare il programma riabilitativo. Se così non fosse, saranno necessari ulteriori esami.
Il potenziamento del quadricipite accompagnato ad esercizi di allungamento è necessario per ostacolare la cronicizzazione delle lesioni. Nelle prime fasi è fondamentale la riabilitazione in acqua che permette di limitare il carico che grava sull’arto leso. Fra le terapie maggiormente consigliate ci sono la tecarterapia e gli ultrasuoni.
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Infiammazione del tendine rotuleo
Quando si fa running le articolazioni del ginocchio sono notevolmente sollecitate. In caso di dolori potremmo trovarci di fronte ad un’infiammazione del tendine rotuleo che causa dolori nella parte della rotula e nella zona sottostante. Piccole lesioni e sfibramenti alla base del tendine rotuleo, nell’estremità inferiore della rotula, possono essere causati da sovraccarico.
Qualora ci fosse un’infiammazione cronica del tendine rotuleo, si parla di “ginocchio del saltatore”, che può causare dolori da sovraccarico nella parte anteriore del ginocchio. Qualora la sollecitazione fosse reiterata nel tempo, è possibile che il tendine si laceri parzialmente o completamente.
Il tendine rotuleo mette in connessione il muscolo della coscia alla tibia ed è quindi sollecitato ad ogni movimento dell’articolazione del ginocchio. Un sovraccarico costante delle articolazioni, dovuto ad esempio a lavori usuranti o ad un caricamento errato durante lo sport con sovraccarico ripetuto del tendine, comporta sovente un’infiammazione del tendine rotuleo. Di solito ne è interessato un solo lato; solamente nel 20 – 30% circa dei casi i tendini rotulei si infiammano su ambedue i lati.
L’usura (condropatia rotulea) causa dolore sul lato posteriore della rotula ed è molto frequente nelle donne di giovane età. La cartilagine retro-rotulea rimane solitamente integra e nella maggioranza dei casi non è possibile riconoscere l’origine della patologia. Una possibile causa è tuttavia identificabile nella lateralizzazione della rotula. La rotula esce dal suo “binario”, posto fra le eminenze ossee. Sono soggetti alla sindrome dell’apice rotuleo anche coloro che presentano un’estensibilità limitata del tendine rotuleo, un’accentuata altezza della rotula o una debolezza congenita dei legamenti.
Percepire dolore, in particolare, nella zona della rotula o direttamente al di sotto di essa è indicativo di un’infiammazione a carico del tendine rotuleo. In una fase iniziale i dolori si avvertono spesso durante l’atto di piegare il ginocchio. Successivamente i dolori possono manifestarsi anche quando ci si riposa e durare per settimane o mesi. In rari casi e sotto sforzo, un’infiammazione cronica del tendine rotuleo può provocare anche la rottura.
In caso di sindrome dell’apice rotuleo, si avverte generalmente dolore quando la parte inferiore della gamba viene estesa contro una superficie che oppone resistenza. Di rado sono riscontrabili segni esterni come gonfiore o arrossamento. Un’ecografia permette di diagnosticare con sicurezza la sindrome dell’apice rotuleo.
In caso di tendine rotuleo infiammato è importante riposare l’articolazione, pertanto è consigliabile fermare l’attività sportiva per un lasso di tempo che varia dalle 6 settimane alle 3 mensilità. Dopo questo periodo, si può ricominciare ad aumentare il carico. Molto importante è la ginnastica di riabilitazione, attraverso esercizi di allungamento e massaggi.
La terapia conservativa prevede, altresì, tutori e ortesi in grado di sostenere e scaricare in maniera mirata il tendine rotuleo, riducendo allo stesso tempo il dolore. Se i problemi permangono nonostante le terapie, possono essere presi in considerazione trattamenti operatori.
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Distorsione del ginocchio
La stabilità del ginocchio è legata sostanzialmente a 4 legamenti: il legamento collaterale interno; il legamento collaterale esterno; il legamento crociato anteriore; il legamento crociato posteriore. Contribuiscono, altresì, nel lavoro di stabilizzazione l’integrità dei menischi e una buona efficienza muscolare.
In caso di distorsione, uno o più legamenti di questa articolazione si sono lesionati dopo un evento traumatico o un movimento brusco. Ciò che causa la lesione dei legamenti è una torsione del ginocchio verso l’esterno o verso l’interno con il piede fermo a terra. Di solito una distorsione al ginocchio si pone, in termini di gravità, fra una semplice sofferenza microfibrillare ed una rottura totale dei legamenti.
Generalmente quando si verifica una distorsione il legamento o i legamenti colpiti sono fortemente sollecitati ma soltanto alcune fibre che li compongono si lesionano.
All’origine delle distorsioni al ginocchio ci può essere un movimento errato o un grave trauma. Di solito le distorsioni interessano anche i runner. A seconda della tipologia di movimento e al punto di applicazione della forza la distorsione interesserà con più probabilità un legamento piuttosto che un altro.
Esistono alcuni fattori di rischio come la poca coordinazione ed equilibrio, deficit di forza e flessibilità, poca attenzione ad un idoneo riscaldamento e condizioni ambientali avverse (terreno scivoloso, sconnesso, freddo eccessivo).
Nel momento in cui un ginocchio è colpito da distorsione, i legamenti che stabilizzando questa fondamentale articolazione si sfibrano o peggio si strappano.
Solitamente i sintomi sono il gonfiore al ginocchio nella fase acuta del trauma, insorgenza di rigidezza articolare e limitazione dei movimento (disabilità funzionale), instabilità del ginocchio durante i movimenti.
Esistono accortezze per contribuire a ridurre il rischio di lesioni spontanee seguendo alcuni semplici consigli: svolgere un idoneo riscaldamento e stretching prima di cominciare l’allenamento o la competizione sportiva; usare scarpe adatte; mantenere il peso forma, prestare attenzione ai terreni sconnessi.
In caso di distorsione al ginocchio per lenire il dolore e far diminuire il gonfiore è importante ricorrere ai FANS. Allo stesso modo il programma riabilitativo prevede il rinforzo dei muscoli della parte anteriore della coscia (quadricipite). Il potenziamento di questa muscolatura contribuirà a stabilizzare maggiormente l’articolazione riducendo il rischio di nuovi episodi distorsivi.
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Lesioni meniscali
I menischi hanno una forma a “mezzaluna” e sono poco vascolarizzati. Fungono da ammortizzatori e stabilizzano l’articolazione. Sono due per ginocchio: mediale e laterale. I menischi possono essere soggetti a rottura o disinserirsi, a causa di traumi o per usura. La rottura può interessare la parte centrale, la zona anteriore o quella posteriore. In occasione di un semplice movimento o in seguito ad un trauma il menisco può rimanere pizzicato tra la tibia e il femore lacerandosi. Nelle persone di età avanzata, a seguito della disidratazione dei menischi legata all’età, anche un banale piegamento può causarne la rottura.
I sintomi sono specifici: si avverte dolore e rigonfiamento locale, sovente con il cedimento ed il blocco dell’articolazione, provocato da frammenti di menisco che disturbano il normale movimento del ginocchio.
In caso di lesione meniscale, non è sempre necessario il ricorso alla chirurgia. È infatti possibile eseguire trattamenti conservativi con Tecar e laser, associata ad un grande lavoro di rinforzo muscolare. Nei casi più gravi di rottura con blocchi dell’articolazione e dolore si può fare ricorso all’artroscopia.
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Riabilitazione fisioterapica
Si interviene mediante la rieducazione funzionale dei disturbi motori usando terapie fisiche, manuali, massoterapiche e occupazionali.
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Il trattamento con FASCIQ
Presso il nostro cento di fisioterapia e osteopatia troverai FASCIQ per il trattamento delle fasce.
La fascia principalmente costituita da tessuto connettivo di differente forma e struttura.
Si trova in tutto il corpo ed è globalmente interconnessa. La rete fasciale ha effetti su: forza, movimento e mobilità, sistema immunitario, equilibrio di vari sistemi interni (linfatico, digestivo, ormonale, metabolico) e postura. I molteplici prodotti impiegati per i trattamenti portano ad un rilassamento della fascia e al mantenimento della flessibilità della rete fasciale.
Il regolare uso di questi prodotti può prevenire il sorgere di lesioni. FASCIQ è una linea attentamente sviluppata di prodotti di alta qualità per il trattamento delle fasce.
Esercizio di posizionamento del Piriforme: questa praticamente è indicata per rilasciare un Piriforme retratto e dolente. Mettersi supino sul bordo del letto con il ginocchio del lato interessato fuori in maniera da avere l’anca piegata verso l’alto con un angolo di circa 90°. Cercare una posizione di rilassamento del Piriforme e mantenerla per 2 – 3 minuti per poi riportare la gamba dritta come l’altra in maniera graduale. Fare l’esercizio almeno due volte al giorno.
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Terapie fisiche strumentali
Tecarterapia: la Tecarterapia sfrutta il principio del condensatore con incremento della vasodilatazione nella parte interessata dal trattamento. Così facendo si aumenta l’afflusso di sangue con un innalzamento della temperatura dall’interno. In questo modo si mette in atto una termoterapia endogena, fondata sul calore. La particolarità sta nel fatto che il calore viene creato dall’interno e non esternamente come in gran parte delle terapie del calore.
La Tecarterapia può essere applicata in maniera capacitiva o resistiva. Nel primo caso è indicata quando si va ad agire su tessuti molli (muscoli, tessuti connettivi, vasi sanguigni e linfatici). Nel secondo caso è consigliabile in caso di interessamento di ossa, cartilagini o articolazioni.
La Tecarterapia ha la caratteristica di velocizzare i meccanismi rigenerativi naturali dell’organismo con particolare riferimento alle riparazioni cellulari. In questo senso è molto apprezzata fra chi pratica discipline sportive. Allevia, inoltre, i fastidi. La Tecar offre grandi garanzie nella risoluzione di problematiche legate al ginocchio.
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Laser ad alta potenza
La parola “laser” è l’acronimo britannico di Light Amplification by Stimulated Emission of Radiation, in italiano amplificazione luminosa provocata dall’emissione stimolata di radiazioni elettromagnetiche. Con questa dicitura si fa riferimento ad un dispositivo capace di emettere un fascio di luce monocromatica e concentrata in un raggio rettilineo in grado di indurre cambiamenti fotochimici e fotobiologici sulle cellule dei tessuti.
Al trattamento laser corrispondono precise reazioni biochimiche, legate alla penetrazione dei tessuti:
- Vasodilatazione: incremento del calore locale, stimolazione neuro vegetativa con effetti antiflogistici, antiedema, eutrofici e stimolanti per il tessuto cellulare.
- Stimolazione metabolica: aumento delle richieste metaboliche delle cellule, maggior assorbimento dei liquidi con effetti riduttivi per gli edemi.
- Incremento del drenaggio linfatico.
Queste reazioni si traducono in un rilevante effetto antinfiammatorio e antalgico.
Il laser è impiegato in terapia fisica per gli effetti antalgici, antinfiammatori e biostimolanti indotti nei vari tessuti dell’organismo.
L’azione antalgica si concretizza attraverso l’aumento della soglia di percezione delle terminazioni nervose dolorifiche e dalla liberazione di endorfine. L’applicazione del laser è decisamente consigliata nelle patologie di tipo infiammatorio, da sovraccarico funzionale o da traumatologia generale come:
- TENDINITI;
- BORSITI;
- FASCITI PLANTARI;
- CONTRATTURE;
- STIRAMENTI MUSCOLARI;
- STRAPPI MUSCOLARI;
- DISTORSIONI;
È indicata anche in fase di riabilitazione motoria post-chirurgico, post-rimozione di gessature o fasciature rigide come antinfiammatorio.
Per chi pratica sport è fondamentale ricorrere ad un trattamento laser tempestivo, qualora si presenti uno stato infiammatorio per poter riprendere il prima possibile la propria attività e per scongiurare che il problema si trasformi in cronico.
La laserterapia è indolore, non comporta rischi e non è invasiva. Il trattamento è svolto dal terapista attraverso l’applicazione sulla cute di un puntale che rilascio un fascio laser. La procedura può avvenire per punti o in modalità scanner. Nel punto di contatto si avverte solamente una sensazione di calore. Il numero dei trattamenti è legato alla problematica e all’evoluzione clinica della terapia stessa.
Onde d’urto
Sono una terapia non invasiva che ne permette un utilizzo trasversale per affrontare varie patologie. Sono chiamate onde d’urto, alla luce della loro natura di onde acustiche ad alta energia, emesse da generatori elettromagnetici come impulsi ad elevata intensità e breve durata, veicolate all’interno del corpo umano che si concentrano con precisione sulla parte su cui si deve intervenire.
Le onde d’urto sono state introdotte negli anni ’70 e utilizzate nella litrotrissia, il trattamento dei calcoli urinari con lo scopo di generare dei microtraumi capaci di velocizzare i processi biologici di rigenerazione corporea, favorendo la vascolarizzazione sanguigna e il ricambio cellulare.
Il suo approdo nell’ambito ortopedico e fisioterapico è avvenuto negli anni ’90 per il trattamento di diverse patologie, come la PSEUDOARTROSI e le CALCIFICAZIONI TENDINEE e PERIARTICOLARI.
Negli ultimi anni, altresì, attraverso i passi in avanti della tecnologia, il suo impiego si è allargato ad uno spettro sempre più grande di patologie dell’apparato muscolo – scheletrico con esiti di rilievo soprattutto nelle TENDINITI, FIBROSI e CONTRATTURE MUSCOLARI. I suoi effetti sono di tipo meccanico e possono essere distinti in effetti di tipo diretto e indiretto.
L’effetto diretto sul tessuto della zona bersaglio è causato dalla trasformazione delle onde d’urto in energia cinetica, che, passando attraverso le varie densità corporee (osso – muscolo – grasso), danno vita ad un’ulteriore reazione di riflessione e di trasmissione, responsabile della frammentazione delle calcificazioni e del riassorbimento delle strutture disintegrate.
L’effetto indiretto concerne la conseguenza del passaggio dell’onda pressoria ed è definito come fenomeno della cavitazione. Può essere descritto come la formazione di microscopiche bolle di gas che, all’arrivare della successiva onda pressoria, sono colpite ed implodono, andando oltre alle resistenze elastiche del tessuto circostante, andando a favorire una maggiore e profusa vascolarizzazione.
Gli effetti, fino ad ora descritti, sono dunque alla base di differenti esiti biologici che si generano dall’utilizzo delle onde d’urto che hanno la doppia funzione di intervenire sia sui sintomi che sui meccanismi che hanno la responsabilità della patologia.
Le onde d’urto possono essere utilizzare in vari ambiti:
- TENDINITE DEL GINOCCHIO;
- STIRAMENTI E CONTRATTURE MUSCOLARI;
- CALCIFICAZIONI MUSCOLARI;
- BORSITI;
- SINDROME ROTULEA;
Taping
Il bendaggio funzionale usa bende adesive estensibili ed inestensibili. Ha come scopo quello di preservare singole strutture muscolo-tendinee capsulolegamentose da agenti patomeccanici o potenzialmente senza limitare la fisiologica articolarità su qualsiasi piano essa si sviluppi. Sono usati per sostenere le articolazioni e la muscolatura sia a livello preventivo che terapeutico – riabilitativo.
Si ricorre al bendaggio funzionale per la gara e l’allenamento e hanno il preciso scopo di proteggere le strutture più esposte a precise sollecitazioni patomeccaniche della corsa. Il taping è un bendaggio adesivo elastico ad effetto terapeutico biomeccanico che ha le sue origini in Giappone. Esso stimola l’attivazione dei sistemi neurologici e circolatori. Alla muscolatura non è solo attribuito il compito di muovere il corpo, ma anche il controllo della circolazione dei fluidi venosi e linfatici, temperatura del corpo.
La tecnica ha come effetti fisiologici il ripristino della tensione dei muscoli, riduce l’edema o l’emorragia tra pelle e muscolatura. Fa diminuire il dolore compattando la zona lesa e riallinea l’articolazione intervenendo sul muscolo.
La muscolatura sollecitata e contratta eccessivamente si infiamma e si gonfia, lo spazio tra la pelle e il muscolo è compresso, limita il flusso del fluido linfatico e applica una pressione sui recettori del dolore che viene percepito a livello cerebrale che preserva il nostro corpo mediante la riduzione del movimento. Il kinesio taping riduce i fastidi e agevola il drenaggio linfatico attraverso il sollevamento della pelle. La superficie corporea coperta dal kinesio taping genera delle convoluzioni sulla pelle incrementando lo spazio interstiziale. Il risultato è una diminuzione della pressione e dell’irritazione sui recettori della pelle.
In seguito e in maniera graduale la riduzione di pressione consente al sistema linfatico di drenare liberamente. Il kinesio taping è anche indicato per contrastare infiammazioni, affaticamento dei muscoli, correzioni posturali e prevenire infortuni.
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