Il mal di schiena nei runner
Non esiste alcun legame certo fra l’attività di running e il mal di schiena. La corsa presente numerosi vantaggi. Essa da vita ad un condizionamento aerobico che consente l’allenamento di ogni fibra muscolare sia per la potenza che per la resistenza.
Non ci sono controindicazioni specifiche verso il running per la persona lombalgica, generalmente comunque ogni runner devono prestare attenzione ad un’idonea “igiene” della propria colonna, ossia eseguire esercizi per mantenere la mobilità articolare globale ed allungare tutti i gruppi muscolari degli arti inferiori, con particolare attenzione alla zona dei muscoli posteriori della coscia.
La corsa deve essere interrotta quando il dolore alla schiena è grave, non per forza quando il problema ha caratteristiche croniche: il dolore improvviso alla schiena deve essere gestito con l’assunzione di farmaci che intervengano sui sintomi per poi ristabilire una giusta funzione della colonna vertebrale, con esercizi adeguati; per il soggetto lombalgico cronico invece non è mai consigliata in termini netti l’interruzione della corsa, in quanto questo potrebbe influire in maniera negativa sull’aspetto psicologico e sulle interazioni sociali e incentivare ulteriormente la cronicizzazione del dolore.
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La corsa è un fattore problematico per la schiena?
I runner possono essere soggetti a lombalgia, dorsalgia e dolori cervicali.
Tuttavia non si può certo affermare che l’attività sportiva rappresenti un fattore di rischio per la schiena, al massimo il contrario ovvero una quotidianità sedentaria. Chiaramente nel running sono importanti la corretta postura, lo svolgimento di allenamenti idonei e l’uso di scarpe corrette.
Fra i fattori scatenanti delle problematiche alla colonna vertebrale c’è la compressione del disco intervertebrale sulle radici del nervo, che provoca un dolore localizzato alla colonna oppure irradiato alle gambe (lombosciatalgia) o alle braccia (cervicobrachialgia).
Nei corridori con più di 40 anni, il dolore è spesso causato dalla sindrome delle faccette articolari, ovvero di quelle articolazioni che proteggono il disco vertebrale dall’usura: quando queste articolazioni diventano artrosiche, si generano osteofiti che generano una compressione sulle radici nervose. I dolori alla schiena possono comparire anche nei runners più giovani con una schiena debole, cioè priva di un’idonea muscolatura addominale e dorsale essenziale fondamentale nell’attività sportiva.
Dal punto di vista dell’attività preventiva
Dal punto di vista dell’attività preventiva, occorre precisare che non è possibile fare gare o allenamenti intensi, qualora la colonna vertebrale non fosse in grado di sopportare questo tipo di sforzo: i muscoli addominali e dorsali devono essere sempre allenati.
Fondamentali, in tal senso, sono gli esercizi di Core Stability che permettono al corpo di usare al meglio le proprie caratteristiche. La muscolatura posteriore delle gambe e, in particolare, i muscoli stabilizzatori della colonna (quadrato dei lombi, trapezi, dorsali e intervertebrali) vanno regolarmente allungati con lo stretching ed è importante fare attenzione alla postura con esercizi semplici, che è possibile svolgere anche sul posto di lavoro.
È consigliabile anche cambiare scarpe almeno ogni semestre e cercare di non fare sempre attività su terreni duri (asfalto o piste ciclabili), piuttosto modificando spesso il percorso. Su questo argomento occorre una particolare attenzione alla corsa e agli esercizi in salita e in discesa, in quanto possono determinare grosse sollecitazioni alla colonna. Da ultimo ma non per importanza, è assolutamente da evitare una condizione di sovrappeso.
I runner possono patire anche altri disturbi muscolo – scheletrici acuti e cronici come la dorsalgia. In questo caso è possibile intervenire attraverso la terapia manuale, l’esercizio terapeutico applicato al running con la collaborazione di preparatori atletici ed allenatori.
Nel corridore si può presentare anche la cervicalgia. Quando si corre, infatti, il collo è soggetto a continue sollecitazioni che, senza misure preventive, possono causare l’insorgere di questa problematica. Ci sono vari accorgimenti che permettono al runner di prevenire la cervicalgia senza che si rinunzi a correre.
Fra questi: accompagnare la corsa con un allenamento dei muscoli equilibrato, potenziando non soltanto i muscoli degli arti inferiori, ma anche quelli di braccia, collo e tronco; fare un riscaldamento antecedente ad ogni sessione di corsa (in particolare durante l’inverno); indossare scarpe professionali idonee al proprio peso, affinché svolgano la funzione di ammortizzatori degli impatti del corpo col suolo.
La corsa può rappresentare un ottimo antidoto contro le posture sbagliate. Infatti, durante il running, i collo tende ad atteggiarsi in posizione neutra, così da avere lo sguardo rivolto in avanti. La corsa facilita chi la pratica a controllare il peso del corpo ed è un aspetto protettivo per le malattie cardiovascolari.
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L’analisi dei fattori scatenanti del mal di schiena
- È importante fare una distinzione fra chi pratica running abitualmente oppure a livello occasionale.
- Fra i fattori da considerare c’è l’appoggio podalico. Qualora questo non fosse corretto e fosse proiettato più da un lato del piede rispetto all’altro, comporterebbe un sovraccarico delle stretture a monte dello stesso piede.
- La colonna vertebrale ha anche il compito di accompagnare il movimento e la postura durante lo svolgimento di qualsiasi atto motorio. Qualora questo fosse scorretto, la colonna prova a fare un lavoro di compensazione dello squilibrio e , a lungo andare, da origine a dolore e impossibilità funzionale. Per tale ragione la scelta di una calzatura idonea durante la seduta di running è importante per l’eliminazione, o quanto meno per limitare, questo fattore predisponente per il mal di schiena.
- Va tenuta in considerazione anche la ripetitività del gesto atletico. Se si compie continuamente un movimento e il corpo non è pronto a supportare queste sollecitazioni, si genera uno stato di tensione a livello lombare. Di conseguenza si genererà un blocco articolare accompagnato da un incremento del tono dei muscoli nella zona interessata.
- Quando si parla di running, si sente spesso ripetere la parola sacroileite. Questa struttura poco mobile del sacro e del bacino, correlata da una messa in tensione ripetuta e non idonea da parte della muscolatura ischiocrurale, può andare a scaricare un appoggio sbagliato sull’articolazione sacroiliaca che, quando risulta essere soggetta a stato infiammatorio, si confonde sovente con il classico mal di schiena.
- Il mal di schiena può essere anche causato dalla sindrome da sovraccarico dell’ileopsoas. Il muscolo ileo psoas è il più importante fra i flessori dell’anca.
Esso origina dalle vertebre lombari (psoas) e dalla zona interna dell’ileo (muscolo iliaco) inserendosi sul piccolo trocantere. Un sovraccarico dell’ileo psoas può accadere durante l’allenamento di forza e contemporanea flessione delle ginocchia, sollevamento del tronco, mentre si corre sulla sabbia – neve, mentre si eseguono tiri a calcio o quando si corre in salita.
In caso di contrattura dell’ileo psoas di questa struttura si verifica un inizio subdolo del dolore in fossa iliaca, che non genera impotenza funzionale prolungata ma fa diminuire nettamente la prestazione sportiva. Talvolta si può avvertire uno schiocco articolare all’altezza inguinale, legato a ipoestensibilità dello psoas e quindi dall’esagerata trazione sul tendine corrispondente che salta come una corda di chitarra.
L’ileopsoas si può anche lesionare. Un’eventuale lesione provoca un’importante limitazione funzionale.
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Le terapie consigliate in caso di mal di schiena del podista
Le terapie a cui sottoporsi sono diverse. Uno dei trattamenti più indicati è quello manuale attraverso esercizi di osteopatia e fisioterapia. Allo stesso modo è fondamentale rintracciare l’origine del malessere (problematica posturale, stress muscolare, scarpe sbagliate, compenso muscolare). Oltre ai trattamenti manuali e agli esercizi posturali sono consigliabili anche la tecarterapia, la laser terapia ad alta potenza, le sedute di stretching, la massoterapia decontratturante, gli esercizi di rinforzo dei muscoli specifici per ogni tipo di problematica.
Terapia manuale e osteopatica
Strain Counterstain: questa tecnica è stata ideata dall’osteopata americano Dr. Lawrence H. Jones negli anni ’50. Si tratta di un approccio moderato osteopatico e consiste in una procedura di riposizionamento neurologico passivo del corpo verso una specifica situazione di comodità. Questo idoneo riposizionamento risolverà il dolore e ripristinerà l’area che presenta disfunzioni, bloccando l’inappropriata attività propriocettiva che mantiene la disfunzione somatica nell’area interessata.
La tecnica consiste in una graduale sovrallungamento diretto nella direzione opposta all’erroneo messaggio di stiramento. La localizzazione di precise piccole aree di tensione nei tessuti di tutto il corpo, definiti “Tender Points” aiuteranno il professionista nel valutare la situazione e gli consentiranno di trovare la posizione ideale nella quale vi è almeno una riduzione di due terzi di tensione nei “Tender Points”.
L’utilizzo pratico di questa tecnica serve a: rilassare la tensione dei muscoli, riportare la forza nella muscolatura inibita; ripristinare la mobilità articolare; riprogrammare le catene muscolari; ristabilire la simmetria del corpo; ridurre un’algia neurale; ridurre il dolore da movimento; ridurre l’edema locale; riequilibrare le tensioni fasciali.
I vantaggi di questa tecnica sono di immediato riscontro da parte del paziente, che può subito avvertire la riduzione di tensione ed un ritrovato equilibrio strutturale dell’area sottoposta a trattamento. La tecnica di Strain Counterstrain può essere usata su qualsiasi parte del corpo, senza correre il rischio che sia invasiva.
Ogni parte del corpo è mantenuta nella sua posizione corretta per soli 90 secondi e poi riportata nella sua posizione fisiologica in maniera graduale, prima di decidere quale altra zona trattare. È una tecnica decisamente apprezzata dai runner, in quanto immediatamente rilascia e scioglie moltissimo ogni catena muscolare.
Esercizio di posizionamento del Piriforme: questa praticamente è indicata per rilasciare un Piriforme retratto e dolente. Mettersi supino sul bordo del letto con il ginocchio del lato interessato fuori in maniera da avere l’anca piegata verso l’alto con un angolo di circa 90°. Cercare una posizione di rilassamento del Piriforme e mantenerla per 2 – 3 minuti per poi riportare la gamba dritta come l’altra in maniera graduale. Fare l’esercizio almeno due volte al giorno.
Rieducazione posturale
La rieducazione posturale globale è una modalità di riabilitazione del professor Philippe E. Souchard e ha come scopo finale il ripristino totale dell’equilibrio statico e dinamico del corpo. Il trattamento è qualitativo, fondato su posture di stiramento graduale attivo dei muscoli anti gravitari (statici e di natura fibrosa), interamente controllate dal terapeuta con il coinvolgimento del paziente.
La specificità della riprogrammazione posturale è di risalire dal sintomo alla ausa mediante un’approfondita valutazione posturale e anamnesi; l’approccio della terapia è globale in quanto gli stiramenti si propagano fino alle estremità degli arti e durante la stessa postura è messa in tensione tutta la muscolatura retratta colpita da lesione.
Rigenerando l’idoneo equilibrio del corpo si scongiura, altresì, la possibilità di successive patologie e si dà al paziente l’opportunità di interagire con l’ambiente esterno nella modalità più libera possibile, con idonea conoscenza e consapevolezza della spazialità del proprio corpo.
Il fondamento della riprogrammazione posturale si basa sulle posture di stiramento muscolare attivo, le quali hanno la tendenza a porre in evidenza le catene di tensioni muscolari dei tendini e delle membrane che avvolgono la muscolatura.
Le posture causano l’allungamento attivo e un posteriore rilassamento delle catene muscolari contratte e irrigidite. Una speciale attenzione è data alla respirazione dove si ricerca il giusto funzionamento dei muscoli respiratori e principalmente del diaframma. La tecnica è usata nei seguenti casi:
- Riequilibrio dei muscoli del corridore e dello sportivo in generale;
- Portatori di algie (dolori) vertebrali cronici o gravi di origine reumatologica o traumatica (spondilartrosi, ernia del disco);
- Dolori e patologie articolari degli arti superiori e inferiori (coxartrosi);
- Contratture muscolari – squilibri vertebrali ed eventuale sintomatologia (ipercifosi, lordosi e scoliosi);
- Disfunzioni respiratorie;
- Deviazioni e deformazioni ortopediche nell’adulto e nell’adolescente (piedi piatti, cavi; ginocchio valgo o varo);
- Ripercussioni sullo schema corporeo dovute ad alcune malattie psicosomatiche.
La riprogrammazione posturale è destinata, quindi, a tutte le persone, sia nell’attività di prevenzione che nella cura di una patologia: l’aspetto individuale e progressivo di questa metodologia consente di adattarlo a ciascun caso.
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Terapie fisiche strumentali
Elettrostimolazione: è una terapia fisica usata spesso in riabilitazione sia per il recupero del tono dei muscoli in seguito ad una lesione o altrimenti come defaticante dopo un allenamento. L’elettrostimolazione, attiva la muscolatura attraverso la stimolazione delle placche neuromotrici e consente in tempi brevi il potenziamento del tono e del trofismo dei muscoli. Altresì la contrazione dei muscoli favorendo il ritorno venoso, drena liquidi che ristagnerebbero, alimentando ulteriormente la sofferenza dei tessuti.
L’elettrostimolazione interviene anche sulle vie afferenti dolorifiche inibendole e consente quindi di sentire meno dolore durante la fase di recupero. Non è indicata in persone portatrici di dispositivi elettronici come pacemaker e defibrillatori intracardiaci; persone con attacchi epilettici; in donne in stato interessante. Non è inoltre consigliato posizionare gli elettrodi sulla parte anteriore e laterale del collo, stimolare la zona toracica di persone che hanno aritmie cardiache, agire sugli arti inferiori in presenza di trombosi venosa o di ostruzione arteriosa grave (ischemia), stimolare la zona addominale in caso di ernia addominale o inguinale.
Tens: la TENS (stimolazione elettrica transcutanea nervosa) interviene analgesico – antalgico che ha lo scopo di ridurre il dolore. Mediante un impulso elettrico si stimolano le fibre nervose periferiche dei nervi sensoriali fermando il dolore. Allo stesso tempo questi impulsi TENS portano il mesencefalo a dare vita a betaendorfine che completano l’azione analgesica. La TENS è sconsigliata in portatori di pacemaker cardiaci o in pazienti con aritmie cardiache, donne in gravidanza o che allattano, sopra le ferite, sulla parte anteriore del collo (per evitare uno spasmo laringeo). È, altresì, fondamentale evitare intensità troppo elevate che causano una microcontrazione dei muscoli.
Ionoforesi: è una corrente antalgica unidirezionale che veicola medicamenti allo stato ionico verso l’elettrodo con carica opposta, scongiurando in questo modo di iniettare i medicinali. Così i farmaci ionizzati trovano il canale di passaggio mediante i dotti piliferi e le ghiandole sudoripare entrando nel derma profondo; qui una parte degli ioni entrano nel circolo capillare mentre la restante parte legandosi alle proteine si accumula in depositi attivi a lenta cessione. È controindicata nei soggetti con pace-maker, mezzi di sintesi metallici, lesioni cutanee, epilessia ed ipoestesia cutanea.
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Tecarterapia: la tecarterapia è utilizzata con successo anche nel running. Essa garantisce:
- maggiore reattività: attraverso le reazioni indotte nel tessuto, la tecarterapia permette una migliore ossigenazione che rende i muscoli più elastici e reattivi e, di conseguenza, meno soggetti a stiramenti e strappi. Il gesto atletico diventa, altresì, più ampio e forte.
- Maggiore potenza: la miglior capillarizzazione stimola la capacità muscolare di ricevere sangue, il che si traduce in un incremento della potenza dei muscoli.
- Minore fatica: l’aumento della circolazione del sangue e linfatica porta ad una veloce deacidificazione e quindi ad un più rapido smaltimento delle tossine. I runner molto affaticati dagli allenamenti riacquistano forza e tornano in forma molto velocemente.
Massoterapia
È una tecnica che ha una lunga storia ed è molto efficace nella riabilitazione dello sportivo. È indicata sia prima che dopo la gara, in quanto rende più rapidi i processi metabolici che ripristinano il metabolismo dei muscoli. Fra i runner sono utilizzati degli olii. Molto noto è l’olio canforato che consente una reazione riscaldante, molto consigliato prima della gara, in allenamento e nei periodi dell’anno più freddi. È molto utile anche nel post gara – allenamento, quando il calore associato al massaggio scioglie le contratture e la rigidità da sforzo fisico.
Esistono vari tipi di massaggio:
- Lo sfioramento;
- La percussione – una serie di colpi dati con il palmo o con il pugno chiuso che portano un effetto stimolante e tonificante;
- L’impastamento, ovvero il sollevamento della pelle svolto con un pizzicamento e una torsione;
- La frizione, ovvero una pressione da accompagnare a movimenti circolari o longitudinali;
- La pressione, cioè una compressione eseguita con il palmo sulla pelle svolgendo un movimento continuo e delicato. È consigliata per rimuovere contratture dei muscoli che si trasformano in crampi.
- La vibrazione, ossia una pressione congiunta ad un movimento oscillatorio che da vita ad un effetto stimolante.
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Bendaggio funzionale e kinesio taping
Il bendaggio funzionale usa bende adesive estensibili ed inestensibili. Ha come scopo quello di preservare singole strutture muscolo-tendinee capsulolegamentose da agenti patomeccanici o potenzialmente senza limitare la fisiologica articolarità su qualsiasi piano essa si sviluppi. Sono usati per sostenere le articolazioni e la muscolatura sia a livello preventivo che terapeutico – riabilitativo. Si ricorre al bendaggio funzionale per la gara e l’allenamento e hanno il preciso scopo di proteggere le strutture più esposte a precise sollecitazioni patomeccaniche della corsa.
Il kinesio taping è un bendaggio adesivo elastico ad effetto terapeutico biomeccanico che ha le sue origini in Giappone. Esso stimola l’attivazione dei sistemi neurologici e circolatori. Alla muscolatura non è solo attribuito il compito di muovere il corpo, ma anche il controllo della circolazione dei fluidi venosi e linfatici, temperatura del corpo.
La tecnica ha come effetti fisiologici il ripristino della tensione dei muscoli, riduce l’edema o l’emorragia tra pelle e muscolatura. Fa diminuire il dolore compattando la zona lesa e riallinea l’articolazione intervenendo sul muscolo.
La muscolatura sollecitata e contratta eccessivamente si infiamma e si gonfia, lo spazio tra la pelle e il muscolo è compresso, limita il flusso del fluido linfatico e applica una pressione sui recettori del dolore che viene percepito a livello cerebrale che preserva il nostro corpo mediante la riduzione del movimento. Il kinesio taping riduce i fastidi e agevola il drenaggio linfatico attraverso il sollevamento della pelle.
La superficie corporea coperta dal kinesio taping genera delle convoluzioni sulla pelle incrementando lo spazio interstiziale. Il risultato è una diminuzione della pressione e dell’irritazione sui recettori della pelle. In seguito e in maniera graduale la riduzione di pressione consente al sistema linfatico di drenare liberamente. Il kinesio taping è anche indicato per contrastare infiammazioni, affaticamento dei muscoli, correzioni posturali e prevenire infortuni.
Propriocettività
Il potenziamento della propriocettività, mediante diversi esercizi che interessano la coordinazione e l’equilibrio, garantiscono un incremento della capacità di controllare il movimento. La propriocettività è infatti la capacità di percepire e riconoscere la posizione del proprio corpo nello spazio e lo stato di contrazione dei muscoli. Nei corridori un potenziamento o riabilitazione propriocettiva è indicata sia dopo che è avvenuta una lesione, sia per incrementare la capacità di controllo e coordinazione del movimento.
Core Stability
Il Core è la struttura che compone il complesso pelvi-schiena-anche (LPCH) e che comprende non soltanto una precisa area del corpo, chiamata “sistema di stabilizzazione locale”, ma anche il sistema muscolare globale, noto anche come “sistema di movimento”. Gli stabilizzatori locali sono muscoli di supporto all’articolazione che hanno il compito di incrementare la pressione intraddominale, preparando la colonna vertebrale ad assorbire i carichi. Essi comprendono: trasverso addominale, obliqui interni, multifido lombare, pavimento pelvico e diaframma. Il sistema di movimento comprendere invece la muscolatura che collega la spina dorsale e/o il bacino alle estremità.
I muscoli principali sono il retto addominale, l’obliquo esterno, il quadrato dei lombi e il quadricipite. I muscoli di ogni sistema forniscono stabilizzazione dinamica e coordinazione neuromuscolare all’intero complesso.
Gli esperti ritengono che allenare la core stability abbia grande vantaggi per un runner. Essendo il core interessato nel coordinamento degli arti, l’allenamento di stabilità del nucleo può contribuire ad avere effetti positivi sulle performance sportive, inclusa la capacità di correre. In particolare, può aiutare nella prevenzione di distorsioni, tendiniti, lombalgie, a trasmettere la forza alle estremità nel modo più performante possibile e a migliorare la stabilità, limitando il rischio di cadute.
Gli esercizi di core stability possono essere indicati anche per colore che fanno corse su lunghe distanze in quanto la stanchezza fa assumere posture errate che compromettono la respirazione e rendono più elevata la possibilità di infortuni. Andando a lavorare sul baricentro e ad aumentare la stabilità, gli esercizi di core stability consente anche di affinare il proprio stile di corsa.
Fra gli esercizi che garantiscono un miglioramento della stabilità del core ci sono i plank, diverse tiplogie di crunch e gli esercizi con dischi propriocettivi, kettlebell, palle mediche e via dicendo.
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