COS’É?

La cervicalgia è definita come un dolore che origina nell’area anatomica del collo, principalmente nella regione posteriore (comprende anche il dolore anteriore di collo, seppur più raro).

La localizzazione consente di distinguere, principalmente, un dolore cervicale superiore (sono i coinvolti i segmenti cervicali dall’osso occipitale o C0 fino alla terza vertebra cervicale o C3) da un dolore cervicale inferiore (che coinvolge i segmenti dalla quarta vertebrale cervicale o C4 fino alla prima vertebra toracica o T1). Ulteriore considerazione deve essere fatta in merito alla possibilità di un dolore riferito dalla cervicale e localizzato alle strutture muscolo-scheletriche dell’arto superiore, della regione interscapolare, della gabbia toracica e del cranio (accompagnate da eventuali cefalee, vertigini e acufene).

Il dolore al collo è una condizione comune, rappresentando la quarta causa di disabilità al mondo. La classificazione più utilizzate, come in altre condizioni muscolo-scheletriche, è quella su base TEMPORALE che distingua una situazione ACUTA (fino a 6 settimane), SUBACUTA (tra 6 e 12 settimane) e CRONICA (>12 settimane).

FATTORI DI RISCHIO

Riguardo i fattori di rischio è necessario fare una distinzione:
Fattori di rischio modificabili:

  • Fumo (anche ex fumatori),
  • Scarso supporto sociale a lavoro;
  • Alte richieste lavorative/stress lavorativi ripetuti (operai, operatori sanitari);
  • Lavori sedentari (lavoratori d’ufficio, informatici, chi passa molto tempo alla guida);
  • Disturbi del sonno;
  • Basso livello di attività fisica;
  • Stati psicologici alterati (stress, depressione, ansia).

Fattori di rischio NON modificabili:

  • Genere femminile;
  • Età avanzata (soprattutto in chi ancora lavora);
  • Storia pregressa di cervicalgia o altre condizioni muscolo-scheletriche.

CAUSE

Nella regione cervicale sono diverse le strutture anatomiche che possono inviare dei segnali di dolore. Tra queste ricordiamo le vertebre, i muscoli, i legamenti, le strutture nervose/radicolari e il disco intervertebrale. Ad oggi è necessario sottolineare l’impossibilità (o quasi) di giustificare una singola struttura anatomica come responsabile del dolore al collo. Per questo motivo diventa di fondamentale importanza la raccolta anamnestica del paziente, indagando ogni sfera del suo vissuto personale e familiare considerando i sopracitati fattori di rischio (modificabili e non).

VALUTAZIONE

Data l’impossibilità di definire con certezza una struttura anatomica responsabile dei sintomi del paziente, l’indagine strumentale (RX, RMN, TAC) non è consigliata dalla maggior parte delle linee guida in merito all’argomento.

Di primaria importanza risulta essere un’accurata raccolta anamnestica, mirata ad indagare il vissuto bio-psico-sociale del paziente in merito alla condizione, verrà eseguito l’esame obiettivo. Attraverso l’esame obiettivo saranno effettuati:

  • Ispezione e valutazione dell’atteggiamento e della postura del capo e del collo;
  • Palpazione dei tessuti molli per valutare le strutture mio-fasciali;
  • Valutazione del gesto o posizione che evoca dolore o il sintomo riportato dal paziente;
  • Valutazione del movimento attivo nelle varie direzioni dello spazio e successivamente passivo;
  • Test definiti “speciali” e “provocativi” qualora reputati necessari.

Al termine di ciò riteniamo utile la somministrazione di scale di valutazione da ripetere ai diversi periodi di trattamento per monitorare la progressione della condizione.

TRATTAMENTO

Il trattamento riabilitativo deve essere pianificato senza dimenticare mai le preferenze del paziente. In linea di massima gli obiettivi da raggiungere maggiormente riportati dai pazienti sono:

  • la riduzione del dolore e strategie per gestirlo;
  • il recupero della mobilità nelle varie direzioni dello spazio;
  • il reintegro nelle attività quotidiane, lavorative e ricreative interrotte per tale disturbo.

Le linee guida più recenti sottolineano l’importanza di un trattamento multimodale basato sulla triade EDUCAZIONE, ESERCIZIO TERAPEUTICO e TERAPIA MANUALE.

Per quanto riguarda l’EDUCAZIONE, è necessario informare al meglio il paziente della condizione clinica e educarlo in merito alle strategie di gestione più utili in base al singolo caso. Sarà necessario indagare eventuali fattori psico-sociali e lavorativi che potrebbero influenzare il decorso clinico e, qualora fossero eccessivamente preponderanti, potrebbero richiedere un supporto dello specialista Psicologo/Psicoterapeuta.

In merito all’ESERCIZIO TERAPEUTICO, esso rappresenta il miglior strumento a disposizione tra le varie possibilità di trattamento. L’esercizio deve essere rivolto alle strutture del collo, scapolo-toraciche e degli arti superiori. L’esercizio dovrà gradualmente andare ad impattare nei movimenti limitati e nei gesti provocativi o reputati pericolosi dai pazienti. Sarà compito del fisioterapista dosare al meglio la tipologia e la modalità di somministrazione dell’esercizio nel singolo paziente.

Infine, parlando di TERAPIA MANUALE le linee guida sottolineano l’utilità di questa modalità di trattamento. La terapia manuale intesa come manipolazioni, mobilizzazioni articolari e tecniche rivolte ai tessuti molli dovrebbe essere applicata ai distretti cranio-cervicale e cervico-dorsale allo scopo di desensibilizzare e migliorare la mobilità distrettuale. La terapia manuale dovrebbe essere applicata esclusivamente da personale fisioterapico abilitato e specializzato.

DECORSO E PROGNOSI

La cervicalgia ha un decorso iniziale favorevole, con una importante riduzione della sintomatologia dolorosa nelle prime 3-6 settimane (decorso leggermente più lento nei lavoratori d’ufficio che raggiunge anche i 2 mesi). Ad un anno dall’insorgenza della condizione circa il 50 % dei soggetti non ottiene una risoluzione completa dei sintomi e spesso tende ad andare incontro ad un nuovo episodio.